In questo articolo vediamo un altro tassello della macroeconomia, il fenomeno della globalizzazione. Introdurremo il concetto di globalizzazione cercando di far comprendere quali intrecci sono presenti nelle dinamiche economiche globali, quali vantaggi e svantaggi ha comportato e tutt’oggi comporta l’unificazione dei mercati a livello globale e come questo va a influire sui nostri investimenti, analizzando e studiando le correlazioni tra asset class e le oscillazioni che ne conseguono.
Diamo una definizione alla parola Globalizzazione
Il termine “globalizzazione” è un neologismo utilizzato dagli economisti per riferirsi prevalentemente agli aspetti economici delle relazioni fra popoli e aziende multinazionali.
Economicamente, la globalizzazione nasce dalla diffusione delle idee cosiddette “neoliberiste”, che sostengono la necessità di liberalizzare il commercio, ovvero liberarlo da regole e aprirlo all’estero. Questo indirizzo permette agli Stati di ogni parte del mondo, secondo la Banca Mondiale, di crescere in ricchezza, traendo vantaggio dal rimpicciolimento del mondo.
Il fenomeno, invece, va inquadrato anche nel contesto delle complesse interazioni su scala mondiale che, soprattutto a partire dagli anni Ottanta, in questi ambiti hanno avuto una sensibile accelerazione. Curioso è sapere che il termine “globalizzazione” deriva dalla parola inglese globalize cioè globalizzare, che si riferisce all’ascesa di una rete internazionale di sistemi economici.
Dunque potremmo dire che la globalizzazione è il frutto di un processo economico per il quale: mercati, produzioni, consumi e anche modi di vivere e di pensare vengono connessi su scala mondiale, grazie ad un continuo flusso di scambi che li rende interdipendenti e tende a unificarli. Questo processo dura da tempo e negli ultimi quarant’anni ha avuto una forte accelerazione in concomitanza con la terza rivoluzione industriale.
La globalizzazione economica è stata resa possibile sopratutto grazie all’avvento e ad un sempre più ampio sviluppo tecnologico e delle comunicazioni.
A cavallo tra 1840 e 1919, la globalizzazione visse quella che viene indicata come la sua prima ondata. L’invenzione di nuovi mezzi di trasporto (come le navi a vapore e le ferrovie) e di comunicazione (per esempio il telegrafo) hanno abbattuto i tempi e i costi, rendendo il mondo più piccolo.
In seguito nel periodo tra le due Guerre mondiali (1918-1939) le nazioni assunsero un atteggiamento molto più diffidente, chiudendo i propri confini commerciali secondo i dettami del protezionismo. La diffusa crisi economica fu alimentata dalla riduzione degli scambi internazionali, facendo sembrare che la globalizzazione si fosse arrestata.
A partire soprattutto dagli anni ’70 ci fu un ritorno della globalizzazione: due governi conservatori, quelli di Thatcher nel Regno Unito e di Reagan negli Stati Uniti, sollevarono le imprese da molte regole sulla produzione. Ne scaturì una seconda ondata di globalizzazione, con la spinta delle imprese che diede il via a nuove libertà negli scambi internazionali. Il quadro è inoltre diventato istituzionalizzato con il moltiplicarsi di accordi internazionali, come i GATT e l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC).
Quali sono i maggiori componenti emersi da questo fenomeno?
Senza alcun dubbio le società multinazionali, ovvero associazioni industriali, commerciali e finanziarie la cui sede principale è situata nei Paesi più ricchi, dai quali poi operano attraverso varie sedi secondarie ubicate in Paesi meno evoluti.
Questo fenomeno è la “delocalizzazione” ed è di fatto un’attività industriale che si sviluppa laddove gli imprenditori possono trovare le condizioni ideali per creare un business: è il caso del noto marchio “Nike” sviluppato negli Stati Uniti, che impianta le proprie fabbriche in Paesi dove il costo della manodopera è inferiore.
Dunque grazie a questo fenomeno abbiamo avuto un ampliamento del mercato disponibile per le imprese che sono state in grado di sfruttare le economie di scala, riuscendo ad aumentare la produzione, la distribuzione, ad ottimizzare il marketing e in alcuni casi anche a ridurre i prezzi per avere maggiore penetrazione nei mercati minori.
E’ da tenere a mente che la globalizzazione deve moltissimo all’adeguamento tecnologico finanziario che è di fatto il caposaldo di questo sistema in quanto senza un’interconnessione finanziaria globale, grazie a trasferimenti digitali di denaro, la globalizzazione come la conosciamo oggi non sarebbe possibile.
Tutto questo chiaramente ha causato il predominio sull’economia globale di grandi gruppi multinazionali, i quali influenzano direttamente le scelte dei consumatori ma anche di istituzioni politiche e finanziarie detenendo il maggior potere contrattuale.
I dati parlano chiaro, il flusso degli scambi commerciali nel mondo è in continuo aumento, ma si caratterizza per un forte squilibrio: per evitare questo sono state fondate delle organizzazioni tra i diversi Stati che cooperano in una stessa area geografica.
Alcuni dei casi più importanti sono: quello che ha visto l’istituzione della CEE (che in seguito diventerà l’UE), che ha abolito, all’interno del territorio europeo, le barriere doganali e ha invece favorito l’inserimento di una tariffa doganale a tutte le merci provenienti da Paesi stranieri.
E poi il caso della NAFTA (dal 1994), che ha favorito lo sviluppo di una libertà negli scambi fra Canada, USA e Messico.
È innegabile che lo sviluppo della globalizzazione abbia portato alla creazione di vari scenari sia positivi che negativi. Riguardo ai primi, la crescita del PIL del 3-4% e l’uscita di alcuni Paesi dalla crisi.
Per quanto concerne i secondi, il divario che spacca in due il Nord e il Sud del Mondo e ormai anche l’esaurimento di risorse naturali ed energetiche non rinnovabili che causano gravi danni all’ambiente.
Questi danni furono previsti già dagli anni Settanta, quando si iniziò a parlare di sviluppo illimitato, mentre soltanto a partire dagli anni Ottanta si iniziò a parlare di produzione sostenibile, che prevede la riduzione al minimo dell’utilizzo di sostanze non rinnovabili che l’ambiente potrebbe assorbire.
Chi ha ragione?
Da un lato abbiamo istituzioni come la banca mondiale, la quale sostiene che la globalizzazione abbia portato una maggiore crescita a livello globale, migliorando l’economia e le condizioni sociali dei paesi in via di sviluppo mediante la liberalizzazione dei relativi mercati.
Dall’altro lato abbiamo l’organizzazione internazionale del lavoro e molte organizzazioni non governative che hanno invece una posizione molto critica su questo tema, sottolineando come la globalizzazione abbia portato ad un aumento delle disuguaglianze a livello mondiale.
Se da una parte la globalizzazione ha portato molti paesi poveri a raggiungere un tasso di crescita comparabile con altri paesi in via di sviluppo, in molti altri ha solo accentuato le differenze tra ceti sociali, portando disoccupazione e povertà.
Di fronte a questo fenomeno è stato emanato un regolamento da parte della banca mondiale e dall’ILO nonché l’organizzazione internazionale del lavoro, in questo regolamento sono stati iscritti quelli che sono i prerequisiti inviolabili per una globalizzazione più etica.
Tutte queste valutazioni preliminari ci aiutano a capire come l’analisi dei dati macro sia inevitabilmente influenzata da un interconnessione tra fattori economici di nazioni differenti, la cui comprensione approfondita richiede una valutazione congiunta di numerosi dati e indicatori e che quindi gli andamenti delle varie economie sono altamente correlati, rendendo difficile e complessa la creazione di un portafoglio d’investimento realmente differenziato.
Se prendessimo in esame 100 portafogli di investimento di 100 persone diverse, scopriremo con matematica certezza che la percentuale di portafogli con asset correlati e quindi non diversificati, è altissima.
Cos’è una correlazione?
Apriamo una parentesi, le correlazioni sono tenute in grande considerazione da analisti e gestori del portafoglio, in quanto la loro comprensione fa parte della gestione del rischio.
La capacità di individuare correlazioni può aiutare a ponderare e attenuare i rischi.
In parole semplici, grazie alla comprensione delle correlazioni si ottengono indicazioni su come creare un portafoglio in cui, se dovesse capitare qualcosa all’economia, il valore degli investimenti non subirà ripercussioni di uguale entità nel medesimo momento.
La correlazione statistica è usata per determinare se due asset sono positivamente correlati, quindi salgono e scendono nel mercato contemporaneamente, se non sono correlati, quindi si muovono indipendentemente, o se sono inversamente correlati, cioè mentre uno sale, l’altro scende.
Possiamo dare un valore numerico a questo dato, lo possiamo vedere oscillare tra valori:
- 1 positivamente correlato, sta ad indicare il livello massimo di correlazione positiva;
- 0 non correlato, che rappresenta il massimo livello di non correlazione;
- -1 inversamente correlato, che invece rappresenta il massimo estremo di correlazione inversa.
Tuttavia, una correlazione può cambiare nel tempo. È quindi importante analizzarla frequentemente.
È inoltre fondamentale identificare i fattori che possono far cambiare questa correlazione nel tempo.
Effetti della Globalizzazione
Un aspetto visibile della globalizzazione culturale è la diffusione di alcune cucine, come le catene di fast food americane. McDonald’s (oltre 36.000 punti vendita) e Starbucks (oltre 24.000 punti vendita), sono compagnie americane spesso citate come esempi di globalizzazione.
L’indice “Big Mac” è una misura informale della parità di potere d’acquisto tra le valute mondiali, questo fa comprendere quanto è predominante l’effetto della globalizzazione nella collettività. Inventato nel 1986 dal settimanale britannico “The Economist” fu pensato per fornire un confronto valutario di facile comprensione per i propri lettori, il sistema è basato sulla teoria della parità dei poteri di acquisto e sulla legge del prezzo unico e ha l’obiettivo di mostrare sopravvalutazioni e sottovalutazioni delle singole valute: il prezzo del panino (che in teoria dovrebbe essere identico in tutto il mondo, dal momento che il prodotto è preparato in maniera identica e con gli stessi ingredienti standard in tutto il mondo) viene convertito in dollari statunitensi, così da confrontare il potere d’acquisto delle singole valute nazionali in modo semplificato.
Un altro aspetto è il diffusionismo, la globalizzazione culturale ha incrementato i contatti interculturali, che possono essere però accompagnati da una diminuzione dell’unicità delle comunità un tempo isolate.
Ne è un chiaro esempio il sushi, oggi disponibile in Italia come in Giappone.
Citiamo anche l’americanizzazione, associata a un periodo di alto prestigio politico americano e a una crescita significativa di negozi, mercati e oggetti americani che vengono portati verso altri paesi. Alcuni critici della globalizzazione sostengono che essa danneggia la diversità delle culture. Quando la cultura di un paese dominante viene introdotta in un altro paese a causa della globalizzazione, essa può rappresentare una minaccia per la diversità della cultura locale. Alcuni sostengono che la globalizzazione può portare all’occidentalizzazione o all’americanizzazione della cultura, dove i concetti culturali dominanti dei paesi occidentali più potenti economicamente e politicamente si diffondono e causano danni alle culture locali.